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La sfida dei giornali elettronici

di Daniele Lepido

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26 Gennaio 2010

I più attenti uditori dello show – perché di questo si tratta – che Steve Jobs appronterà mercoledì sul palco dello Yerba Buena Center for the Arts di San Francisco, saranno gli editori. Domani, infatti, il numero uno della Apple svelerà lo strano oggetto – nome in codice iTablet, ma anche iSlate, iPad o iPage - che secondo i più ottimisti potrebbe dare un corso nuovo al mercato dei quotidiani.
Sarà davvero così? Dopo mesi di speculazioni, finte foto rubate e fughe di notizie più o meno pilotate dall'azienda di Cupertino, la resa dei conti sarà anche quella di tutta la filiera dell'editoria, ormai sofferente non tanto di una crisi congiunturale ma di uno stallo cronico, dovuto al cambio di abitudini delle persone, sempre meno affezionate alla carta e sempre più avvezze ad approvvigionarsi su internet di notizie gratuite.
Se il New York Times, fresco di annuncio sulla migrazione dei suoi articoli sul modello "pay", sembra stia trovando un accordo con la Apple addirittura per lanciare una prima demo del nuovo giornale proprio domani, a San Francisco, in Italia dominano attesa e interesse per un prodotto dal quale partire per riscrivere l'intera industria della carta (che fu) stampata. La prima mossa dell'anno nuovo, però, del più importante quotidiano italiano, non sembra quella di andare verso i lettori elettronici. Il Corriere della Sera, infatti, primo quotidiano italiano a migrare su Kindle, dopo un anno di matrimonio ha deciso di divorziare da Amazon.
«Questi oggetti tecnologici – racconta al Sole 24 Ore Giorgio Riva, direttore generale di Rcs Digital – sono da concepire come un'ulteriore forma di distribuzione e nel nostro caso era stato pensato per far arrivare agli italiani all'estero, in particolare negli Stati Uniti, il quotidiano fresco sul loro Kindle. Il nostro è stato un anno di sperimentazione, anche se è necessario rivedere il modello di business, perché non sia troppo a favore dei produttori di hardware».
Una preoccupazione che si respira anche al gruppo Espresso, dove fanno sapere: «Nuovi lettori come quello della Apple favoriranno lo sviluppo di un mercato appetitoso, ma l'importante è che lo schema di distribuzione dei ricavi non sia troppo sbilanciato verso i produttori tecnologici e che sia almeno come quello che Apple utilizza sulle sue piattaforme: 70% a chi sforna i contenuti e 30% per i produttori hi-tech».
Carta addio, quindi? «Dobbiamo metterci in testa che ormai non è tanto il supporto quello che conta», spiega il presidente della Fieg, Carlo Malinconico. «Non è quindi necessario pensare al nostro futuro come legato indissolubilmente alla carta, che ovviamente ci piace, ma piuttosto alla qualità dell'informazione, al giornalismo».
E c'è anche chi pensa che l'iTablet della Apple, e più in generale i lettori "elettronici", faranno molto bene a un certo tipo di stampa. «Penso alle testate dedicate ai professionisti o alla stampa tecnica – racconta Pierfrancesco Gherardi, managing director di Digital DeAgostini – perché mettono a disposizione contenuti particolarmente pregiati e poco replicabili. Ben venga allora la Apple, che ha già avuto successo nel settore della musica anche se è vero che oggi vendiamo a uno quello che un tempo vendevamo a dieci».
daniele.lepido@ilsole24ore.com

26 Gennaio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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